Mi affidai a mia suocera con un senso immediato di sollievo e lei si rivelò anche in quel caso la donna cui avrei voluto assomigliare. Pescò nel giro di pochi giorni una ragazzona di poco più di vent'anni, Clelia, originaria della Maremma, che istruì minutamente perché si occupasse al meglio della casa (…) Quando Pietro si trovò per casa Clelia senza essere stato nemmeno consultato ebbe un moto d'insofferenza.
«Non voglio schiave in casa mia» disse.
Adele gli rispose con calma:
«Non è una schiava, è una salariata».
E io, forte della presenza di mia suocera, sbottai:
«Devo fare la schiava io, secondo te?»
«Tu fai la madre, non la schiava».
(Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta)
Il rapporto tra suocera e nuora è un argomento femminista? Perché diventa spesso una relazione complicata? C’entra forse il patriarcato?

Beh sì, il patriarcato c'entra sempre, dice la mia voce interiore. Il patriarcato è il mare nel quale nuotiamo. Le bambine sono state educate, fin dalla più tenera età, a competere tra di loro per ottenere la gratificazione maschile; la strada davanti a noi è ancora lunga da percorrere. Come altre mie coetanee – e non solo – sono stata gelosa delle madri dei miei fidanzati. Al tempo però non riconoscevo quel sentimento e lo traducevo in astio. Questo perché ci hanno insegnato che le madri dei nostri compagni non sono donne ma avversarie. Anche io ambivo ad essere la migliore, la più amata. Mi sarei presa cura del mio compagno senza farglielo pesare, non sarei mai stata passivo-aggressiva, sarei diventata una consorte indipendente, diversa dalle madri-casalinghe di un tempo, ma in ogni caso pronta a dispensare amore e cure gratuite. A forza di immaginarmi diversa da loro, per tanto tempo non sono riuscita a vederle queste suocere.
A chi diamo la colpa quando agli albori della convivenza ci accorgiamo che i nostri compagni non sanno cucinare, non sanno impostare la lavatrice (ricordi la moglie di Calenda che spiega al marito e leader di Azione come impostare la lavatrice?). Con chi ce la prendiamo se questi uomini non sanno fare una spesa decente o si disgustano se devono pulire l'asse del cesso? Ovviamente puntiamo il dito sulle madri che avrebbero dovuto insegnar loro ad essere autosufficienti mentre tiravano avanti la baracca da sole. Non è mai colpa dei padri, per dirne una, troppo impegnati a diventare leader.
La colpa è sempre della madri, ma delle suocere un po' di più.
Ad un certo punto del mio percorso per me è arrivato il momento di confrontare mia suocera e mia madre, ho sostato nelle intersezioni delle loro immagini accorgendomi di somiglianze e diversità, le ho sottoposte al mio sguardo chirurgico, ho elencato insieme al mio compagno i lati di mia suocera che lui aveva ritrovato in me e quelli che non avrebbe trovato mai, mi sono meravigliata sentendomi dire: ho sposato mia madre, perché mentre mi impegnavo a non diventare come lei, la mia parte inconscia lavorava per ritrovarla nei dettagli caratteriali della persona che ho scelto di avere accanto.
Quello che desidero adesso è vederle come donne. Il femminismo mi ha insegnato proprio questo: a riconoscere la stessa fatica nello sguardo delle altre donne, anche quelle che sento più diverse da me.
Lo scorso anno ho visto su Netflix A Family Affair, una commedia romantica che mi ha convinta pochissimo per l'incontro sentimentale tra Nicole Kidman e Zac Efron, ma che ha saputo parlarmi per il rapporto tra nuora e suocera (Nicole Kidman e Kathy Bates). Nicole Kidman interpreta una scrittrice affermata rimasta vedova da molto tempo; nella sua vita la suocera ha un ruolo importante, le due non si sono mai allontanate nonostante la morte del figlio e soprattutto riescono a vedersi al di là dei rispettivi ruoli di madre-nonna nuora-suocera.
Si riconoscono reciprocamente come donne al di là dei rispettivi ruoli.
Non solo, Kathy Bates traghetterà anche sua nipote (Joey King) nel difficile compito che prima o poi spetta ad ogni figlia: riconoscere la donna nella propria madre, un soggetto che pensa e desidera, al di là del ruolo di cura. Non nasciamo da una donna sola, ma da diverse relazioni delicate e interconnesse.
La suocera malvagia
Mi piacerebbe che questo diventasse uno spazio esplorativo sulla figura della suocera, tra citazioni pescate dal nostro immaginario collettivo e memorie personali.
Per iniziare sono andata lontano e ho sfogliato il mio volume Tutte le fiabe dei fratelli Grimm (prima edizione integrale 1812-1815).
C'erano un re e una regina, e alla regina era toccata in sorte una suocera terribilmente malvagia. Una volta che il re era partito, la vecchia regina fece rinchiudere la nuora con i due figlioletti in un'umida cantina.
Un giorno la crudele regina si disse: “M'è venuta l'acquolina in bocca per uno di quei bimbetti”.
(Tutte le fiabe, Grimm - La suocera)
Le fiabe dei fratelli Grimm portano a galla il significato folklorico del mondo femminile. Le suocere presenti nelle narrazioni raccolte dai Grimm rientrano nel macro gruppo delle potenti streghe carnivore e animate da gelosia e il loro scopo è sempre quello di portare beneficio al proprio figlio legittimo.
La suocera alleata
Cosa succede invece quando la madre del nostro compagno diventa modello cui aspirare e al tempo stesso voce interiore che osserva e giudica tutto ciò che facciamo? Ce lo racconta Elena Ferrante, come sempre maestra nel restituirci la complessità delle relazioni.
«Intanto posso darti un consiglio?».
«Certo».
«Non essere timida. Sei una scrittrice, usa il tuo ruolo, sperimentalo, fallo pesare. Questi sono tempi decisivi, sta andando tutto per aria. Partecipa, sii presente».
(Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta)
Non ressi lo scontro, ma Adele sì, schiacciò il figlio con un sarcasmo a tratti feroce e Clelia rimase
(...)
Ma Adele non smise di occuparsi di me. Mi impose garbatamente il ritorno alla cura della persona (…) E soprattutto mi parlò assiduamente di teatro, di cinema, di un libro che stava traducendo (…) non ti perdere niente, se vuoi fare la scrittrice (…) proprio in quell'occasione, sentii che nessuna delle chiacchiere colte di mia suocera nasceva da un bisogno vero di scambiare idee con me. Adele mirava programmaticamente a tirarmi fuori dalla condizione disperante della madre incapace, il suo era uno sfregare parole per cavarne scintille e riaccendermi testa e sguardo gelati. Ma in realtà le piaceva più salvarmi che ascoltarmi.
(Elena Ferrante, Storia di chi fugge e di chi resta )
La suocera-madre
Lo scorso anno ho letto Il primo dolore di Melissa Panarello, secondo me il suo libro più bello.
È lei la madre che non ho, è vero. E quella di Andrea è diventata la mia famiglia. Loro hanno aperto la porta alla mia solitudine e si sono fatti vicini, proteggendomi come nessuno ha mai fatto. Mi hanno adottata, sono una di loro. Nessuno mi fa sentire un'intrusa, non voluta, disgregata. Però non è la mia famiglia e il loro amore non è l'amore che avrebbero dovuto darmi mia madre e mio padre e tutte le volte che ci penso, che penso a tutte le cose che ho perduto, mi rannicchio nel mio buio e me ne sto con gli occhi spalancati ad aspettare che qualcuno torni, che qualcosa di buono resti.
(Melissa Panarello, Il primo dolore)
Nel costruire il rapporto tra suocera e nuora, la scrittrice ci mostra un esempio di quel che accade quando richerchiamo nella suocera la madre che non abbiamo avuto.
Il ricordo di
«Poche persone conoscono uno dei miei guilty pleasure: i film con Jennifer Lopez. Nella mia pole position personale ci sono sicuramente Amore a 5 stelle e Quel mostro di suocera, dove una ex conduttrice televisiva famosissima - una Jane Fonda pazzescamente sopra le righe - madre di figlio unico mette su un diabolico piano per far impazzire la futura nuora e far saltare le nozze. Peccato che quella nuora sia J Lo, e che non sia per niente facile farla desistere. Una delle scene più belle credo sia quella della fatidica proposta che il ragazzo decide di fare davanti alla madre, proprio il giorno in cui le sta facendo conoscere la nuova fidanzata.
Rido sempre quando lo vedo, ma allo stesso tempo so bene quanto rappresenti un bias cognitivo collettivo. Fin da piccolз ci hanno insegnato -o forse dovrei dire inculcato - che il rapporto con la suocera, che tu sia maschio o femmina, debba essere per forza di cose un contrasto continuo, dove meno ci si vede meglio è. Lo conferma anche una delle più terribili suocere della storia della televisione, Stephanie Forrest e tutto quello che ha fatto passare e penare alla povera Brooke Logan.
Immaginiamo quindi quel primo incontro con timore, consapevoli che saremmo giudicatз, e con molta probabilità in negativo. Pensiamo di avere davanti, non più la madre dei nostri compagni/delle nostre compagne, ma la strega di Biancaneve, pronta a strapparci il cuore dal petto. Quando ho conosciuto llde, mia suocera, non è successo niente di tutto questo. Era la prima volta che la incontravo e ci tenevo a farle una buona impressione.
Sentivo le farfalle nello stomaco ma pian piano sono volate via: è stata cortese, e le domande che mi ha posto non sono mai state invadenti, e men che meno giudicanti. Quel primo pranzo è stato l’inizio di una relazione molto sana che dura tutt’oggi. Si ricorda sempre dei miei compleanni, e non ha mai sbagliato un regalo. Quando è nata mia figlia non ha mai messo bocca su allattamento, alimentazione, educazione o altro. Le sono molto grata per avermi reso le cose facili, anche perché a pensarci bene avrebbe potuto essere un rapporto davvero molto complicato: mio marito è il più piccolo dei suoi quattro figlз e ha perso il padre a soli sei anni. È da sempre il piccolo di casa, e sono tuttз molto protettivз nei suoi confronti. Non vivendo nella stessa città si chiamano ogni giorno: ed è una cosa che capisco bene visto che sono ”fuori sede” anche io. Quando abbiamo iniziato a frequentarci, e dormivamo insieme, però, la nostra sveglia mattutina era la telefonata della madre che gli dava il buongiorno. Dopo essere andati a vivere insieme gli ho chiesto cortesemente di interrompere quella tradizione: per me era davvero cringe. Ho sempre pensato, che mia suocera ne avesse compreso i motivi, ma solo qualche anno fa ho scoperto che ne aveva sofferto: “da quando ci sei tu non ho più svegliato mio figlio”. Me lo ha detto a mo' di battuta, ma la freccia è arrivata a destinazione. Non ce l’ho con lei, anzi: credo sia stata coraggiosa a esternare quella sua emozione e io ho fatto di tutto per accoglierla, perché credo che una delle cose meravigliose e dolorose insieme, dell’essere genitore, sia veder crescere i propri figli, le proprie figlie e lasciarlз andare».
La scintilla
Mi piacerebbe continuare ad offrire uno spazio che racconti le relazioni con le nostre suocere, sempre alternando memoir e ricerca narrativa. Sono convinta che l’approfondimento della relazione suocera/nuora meriti qualcosa in più di racconti banali e stereotipati, anche stavolta abbiamo bisogno di parlarne tra noi, di raccontare queste relazioni attraverso il nostro sguardo.
Quindi ti chiedo: che suocera ti è capitata in sorte? Che nuora ti senti? C’è un racconto che ti va di condividere con me e con le lettrici di “Una figlia per amica”? (Ovviamente possiamo pubblicare anche in anonimo).
Puoi contattarmi rispondendo a questa mail, attraverso i commenti, ma anche su Instagram. Aspetto la tua storia per far diventare questa puntata una piccola rubrica mensile.
Sono Serena Blasi, lavoro con le parole e con i ricordi. Studio e ricerco storie di figlie e di madri nella letteratura, nei film e nelle serie tv e creo percorsi di lettura per scoprire e tradurre le voci delle donne.
Una figlia per amica è una newsletter gratuita che richiede però molto lavoro, se ti va puoi offrirmi un cappuccino o ciò che più ti piace: il mio cuore ricco di citazioni ti sarà riconoscente.
Un grazie pieno di affetto ad Alice Fadda per le splendide illustrazioni.
E ne aveva fatti, di miracoli, durante tutti quegli anni. Senza mai pensare che lo fossero. Destrezza, abilità, prudenza: i requisiti che una buona massaia deve avere se vuol menare la barca dal primo al trentuno del mese senza troppi urti né falle troppo larghe. Non aveva mai pensato che fossero virtù, i suoi requisiti.
(Fausta Cialente, Un inverno freddissimo)
Io su questo tema ho una storia vissuta sulla mia pelle di bambino e adulto, il rapporto patologico tra mia madre e mia nonna (madre di mio padre). Mia madre era quella che oggi si direbbe una persona neurodivergente, e per alcuni periodi della sua vita borderline con la schizofrenia. Mia nonna non ha mai capito l’amore di mio padre per lei e l’ha sempre osteggiata e sminuita in ogni modo possibile e immaginabile. Va anche detto che mia nonna “veniva a stare da noi” per sei mesi l’anno. E per quanto da piccolo mi facesse piacere avere la nonna che dormiva con me, ho anche iniziato a percepire questo contrasto continuo con mia nonna nel ruolo del carnefice, mia madre in quello della vittima e mio padre impotente in mezzo al campo di battaglia quotidiano. Manco a dirtelo, tra i tre mio padre è stato il primo a morire di tumore, scatenando anche accuse del tipo “sei stata tu a fargli venire il tumore” che ti lascio immaginare il peso che hanno avuto sulla psiche di mia madre. E niente, dopo una settimana morì anche la nonna (di crepacuore si disse) e io sono rimasto per quindici anni con mia madre che “spurgava” questa sua storia acida familiare mentre io avevo da pochi anni formato la mia, di famiglia. Detta così in poche parole è una storia bruttissima, ma poi penso che ci devo fare, è la mia storia.
Che bella puntata Serena! E non lo dico solo perché ci sono io - anche se rileggermi qui, in mezzo alle tue parole mi ha davvero commossa. Spero arrivino altre storie su questo tema perché è importante, un pezzo alla volta, decostruire questo patriarcato così intrinseco.
Grazie per avermi permesso di raccontare un pezzo di me, e di Ilde.