Non importa
se vi siano da colmare
spazi senza fine
golfi di tempo
e lenti rosari di ore:
io sono la tua vicina di casa
Non senti il mio passo
nella stanza accanto?
(Lalla Romano)
Celebro questa giornata cercando di stare alla larga dalle mail spam con oggetto “Sconto Festa della donna”, cercando di non buttare l’occhio sulle promozioni delle palestre che offrono lezioni gratuite alle donne per “imparare a difendersi da sole” ed “essere forti e più sicure”; come se non fossimo costrette da subito a rendere la difesa una costante della nostra vita. La retorica che accompagna le campagne pubblicitarie di questi giorni fa male a chi si occupa quotidianamente delle donne partendo proprio dalla pratica quotidiana.
La cosa più importante della nostra vita è aver scelto la nostra parte
(Teresa Mattei)
Quindi iniziamo da qui: l’8 marzo non è una festicciola da cioccolatini ma è una giornata politica con una storia lunghissima e importante alle spalle. Vi lascio un video utile dove Carolina Capria ripercorre questa nostra storia e cita - tra le altre - la straordinaria Teresa Mattei.
L’idea mi venne perché la mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, mi ricordava la lotta sulle montagne. Un fiore povero che cresceva ovunque a marzo e poteva essere raccolto gratuitamente ovunque. La mimosa significa tenacia e quando ancora oggi vedo le ragazze manifestare con questo fiore tra le mani, mi commuovo perché non bisogna mai abbassare la voce.
(Teresa Mattei)
Non bisogna mai abbassare la voce ed è per questo che sono felice di far uscire Taglia e cuci proprio oggi.
Perché c’è ancora e sempre qualcosa di rivoluzionario nelle donne che si siedono attorno a un tavolo e iniziano a tessere conversazioni partendo da sé stesse, mettendosi al centro. Tanti anni fa ho deciso che mi sarei impegnata per ascoltare le donne della mia vita - e quelle che non conosco - e questa pratica non ha fatto altro che liberare il mio sguardo.
Eccoci dunque all’ospite del mese: Sonia Chabbi si è laureata in Arti Visive a Bologna, insegna e si occupa di divulgazione storica artistica nel suo progetto The Art of Females Museum, collabora con biblioteche e scuole nel territorio. Scrive per il blog Donne e Arte e cura una newsletter che si chiama .
Cara Sonia, come sono felice di averti qui. Parto subito con alcune domande che ci faranno entrare in contatto con la te bambina, una pratica che io stessa metto in atto da alcuni anni. Che bambina eri a sette anni? Hai scoperto presto la tua vena artistica?
«Cara Serena, innanzitutto ci tenevo a ringraziarti di tutto cuore per essere qui, te ne sono molto grata.
Rimanendo in tema, la piccola Sonia che abita dentro di me, si sente molto emozionata.
Per rispondere alla tua domanda credo di essere stata una bambina un po’ sopra le righe, avevo una buona parlantina, non stavo ferma un attimo e dormivo pochissimo.
In apparenza mi mostravo spigliata e sciolta, ma ho sempre lottato con una profonda paura ed insicurezza che ancora oggi, seppur ben celata, mi porto dietro.
Avevo un tremendo timore di cadere in errore e non amavo essere al centro dell’attenzione.
Sono stata una bambina ansiosa, alla ricerca di un giudizio che mi approvasse, proprio perché mi sentivo “strana”, fuori posto e ho sempre ricercato nello sguardo degli altri qualcosa che mi dicesse “vai bene così”.
Da qui comprenderai benissimo che la creatività e l’arte sono state da sempre il mio rifugio sicuro: non credo ci sia stato un momento esatto in cui mi sono detta: “Oh guarda ho scoperto la mia vena artistica!”
Penso, invece, che sia stato un percorso molto più naturale e viscerale, era qualcosa che mi apparteneva e che mi ero cucita addosso, una seconda pelle che mi permetteva di sentirmi a mio agio: quando disegnavo, scrivevo, leggevo, cantavo, il mondo intorno a me, quello che mi faceva tanta paura, non esisteva più.
Ricordo solo che nei momenti in cui “avevo l’estro” come diceva nonna Serafina, non volevo essere disturbata: mi chiudevo nella mia cameretta e potevo rimanerci per ore ed ore, dimenticandomi persino di mangiare.
È stato un po’ come scoprire di poter vivere una vita reale, quella dove io sono presente fisicamente quotidianamente e una vita immaginaria, quella che mi porto dentro e che mi ha permesso di diventare la persona che oggi sono: le due vite possono coesistere perché sono l’una l’estensione dell’altra.
Credo che l’arte insegni questo: “tutto può essere, se lo si percepisce, non c’è nulla di sbagliato” e questo mi ha rassicurato molto.
Poi da quel momento è arrivato anche l’innamoramento perpetuo per le artiste e le loro opere, ma questa è un’altra storia».
Nella puntata della tua newsletter Peccatrici, citi Elsa Morante insieme ad altre maestre. Ti va di condividere con noi una scoperta su te stessa che sei riuscita a fare attraverso la lettura?
«C’è una citazione tratta da l’Isola di Arturo proprio di Elsa Morante che sento mia:
Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, non trovano mai riposo né contentezza; e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua, e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. Tu te ne andrai da un luogo all’altro, come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo sangue, perché il tuo sangue è come un animale doppio, è come un cavallo grifone, come una sirena. E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto, fra tanta gente che s’incontra al mondo; però, molto spesso, te ne starai solo. Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.
(Elsa Morante, L’isola di Arturo)
In questo brano mi ci riconosco: una perenne viaggiatrice, uno spirito libero, sempre alla ricerca di qualcosa, talvolta insoddisfatta, sempre a scavare dentro me stessa.
Ecco forse proprio grazie alla lettura, alle poesie e alle numerose personagge e personaggi in cui mi sono identificata nel corso degli anni ho capito che potevo essere chi volevo, che potevo essere, come s’intitola anche la mia newsletter Io, Lei e L’altra.
Dentro di me potevano coesistere diverse sfaccettature e non dovevo avere paura di mostrarmi: potevo essere Jo March con il suo carattere indomito e la sua lingua tagliente e al tempo stesso sentirmi piccola e senza alcuna voglia di crescere come Pippi Calzelunghe, potevo identificarmi in Hazel Morse e sentirmi una Bella Bionda, essere malinconica come Sylvia Plath ed Antonia Pozzi e allo stesso tempo voler essere il capitano Achab o immedesimarmi nel simpatico e dolce gatto Zorba».
Com'è cambiata per te l'amicizia nel tempo? Che amica era la piccola Sonia? E che amica è adesso?
«Quando penso all’amicizia ho in mente la canzone Time After Time di Cindy Lauper, il senso del testo in questione rispecchia quello che per me è un elemento fondante di ogni rapporto amicale: la presenza, l’esserci, il sostenersi.
“If you're lost you can look and you will find me
Time after time
If you fall, I will catch you, I'll be waiting…”
Da bambina penso di essere stata un’amica gentile, generosa e presente, sempre pronta a difendere i miei affetti più cari.
Amavo trascorrere del tempo con amiche e amici, ma non ho mai vissuto un legame interdipendente, stretto ed esclusivo.
Durante l’adolescenza credo di aver vissuto i rapporti in maniera incandescente e aver dato tanto.
Erano i rapporti in cui pensavo di dover mostrarmi sempre pronta e disponibile, volendo apparire sempre al meglio per regalare la migliore versione di me e sentirmi accettata.
Crescendo i rapporti si sono trasformati e alcuni purtroppo si sono rivelati deludenti, ho sofferto molto per questo.
Capita all’improvviso che la vita accada e che i momenti di gioia, vengano brutalmente interrotti da tristezze, malattie, lutti, perdite.
E quando non si è “di compagnia”, come scrive Dorothy Parker in Bella Bionda, non tutte le persone sono disponibili a restare.
Se penso all’amicizia ad oggi, con tutti i mutamenti e le trasformazioni degli ultimi anni, la racchiuderei in questi versi scritti dalla poeta Antonia Pozzi:
Sorelle, a voi non dispiace
ch’io segua anche stasera
la vostra via?
(Antonia Pozzi)
Credo di essere ancora gentile e comprensiva, ma anche simpatica.
Sono un’amica che si impegna molto affinché le altre persone si possano sentire a proprio agio.
Ho trovato un nuovo modo di vivere le mie relazioni e i rapporti: in totale armonia e libertà, scoprendo persone che mi sono affini e per le quali nutro profonda stima e affetto smisurato.
Sono le mie alleate, dove il sostegno reciproco è fondamentale.
Se da piccola pensavo all’amicizia come un rapporto ricco di gesti monumentali, mi ritrovo ora a comprendere l’importanza del vivere quotidiano, che non significa vivere in simbiosi con le altre persone della nostra vita, ma esserci, non tutti i giorni, ma essere presenza.
Quindi, mentre scorro il telefono e rileggo alcuni messaggi penso che il senso sia tutto qui, in quel:
-Hai fatto le analisi?
-Sei arrivata a casa?
-Hai mangiato?
-Hai tempo per una chiamata?
-Ti ho pensata e ti ho scritto».
Il nostro appuntamento con Taglia e cuci torna ad aprile; se ti va di chiacchierare con me, se hai una storia da raccontarmi e senti affinità con i temi che propongo, puoi scrivermi una mail.
Sono Serena Blasi, lavoro con le parole e con i ricordi. Studio e ricerco storie di figlie e di madri nella letteratura, nei film e nelle serie tv e creo percorsi di lettura per scoprire e tradurre le voci delle donne.
Una figlia per amica è una newsletter gratuita che richiede però molto lavoro, se ti va puoi offrirmi un cappuccino o ciò che più ti piace: il mio cuore ricco di citazioni ti sarà riconoscente.
Un grazie pieno di affetto ad Alice Fadda per le splendide illustrazioni.
Se di me non parlo
e non mi ascolto
mi succede poi
che mi confondo
(Patrizia Cavalli)
Adoro la profonda brevità di Patrizia Cavalli 💛.