Gli uomini imparano dalle donne? Spesso. Lo ammettono pubblicamente? Ancora oggi di rado (…) Non pochi uomini colti, sono disposti a lodarci per la nostra capacità di dilettare suscitando emozioni (cosa fa tradizionalmente bene una donna se non far passare le ore con piacere?), ma tengono rigorosamente per loro la letteratura che rivoluziona, che si spinge su terreni minati, che stimola lo scontro politico e la lotta eroica col potere, che si espone impavida al pericolo in difesa dei valori fondamentali.
(Elena Ferrante, L’invenzione occasionale)
Questa settimana sono stata in compagnia di Maestre, il nuovo libro di Carolina Capria e sono andata a risfogliare i testi di cui l’autrice parla. Uno di questi è L’invenzione occasionale di Elena Ferrante, quel che dico sempre quando consiglio questa preziosa raccolta di testi brevi è che somiglia ad un personale libro delle risposte: racchiude mondi, mappe in movimento.
L’autrice Carolina Capria verso la fine del libro cita un saggio del 1980 dal titolo Women’s Autobiography in cui la critica Estelle C. Jelinek teorizza l’esistenza dell’autobiografia femminile.
Le donne hanno da sempre utilizzato la scrittura del sé e l’autobiografia per ricomporre un’identità frammentata, per imporsi come soggetti in una società che le vede come oggetti, e per trasformare il personale in politico (…) Gli uomini, di contro, raccontano loro stessi mettendo in scena un’identità già ben definita e unitaria, che non ha bisogno di utilizzare la scrittura per attuare la propria costruzione.
(Carolina Capria, Maestre)
Il capitolo che Carolina Capria dedica a Goliarda Sapienza pone l’accento sulla natura di quel capolavoro - per troppo tempo lasciato ai margini - che è L’arte della gioia, un romanzo di iniziazione: la protagonista Modesta studia, legge, scopre sé stessa, impara a dare un nome alle proprie emozioni con l’unico, ambizioso fine di portare a galla un sommerso interiore. Ed è così che fa la stessa Goliarda Sapienza, dopo innumerevoli delusioni e momenti di buio profondo, si mette seduta, si chiude in casa per dedicarsi alla scrittura, per dare nuova forma al suo io frantumato.
Da dove può partire Modesta se non dal proprio corpo? E infatti fin dalle primissime pagine Goliarda Sapienza ci spiazza parlando di masturbazione, o meglio della masturbazione quando ancora un nome non ce l’ha, dell’istintiva scoperta del piacere da parte di una bambina. Fin dalle prime righe ci accorgiamo della modernità di questo romanzo che l’autrice terminò nel 1976 ma che ottenne successo in Italia solo nel 2008 quando Einaudi finalmente decise di pubblicarlo grazie al successo che L’arte della gioia aveva ottenuto all’estero.
E fu così che seguendo le mie mani (…) scoprii, toccandomi là dove esce la pipì, che si prova un godimento più grande che a mangiare il pane fresco, la frutta (…) E perché mi dovrei vergognare? Se io l’ho scoperto che nessuno me l’ha detto, vuol dire che tutti lo scoprono.
(Goliarda Sapienza, L’arte della gioia)
Il ricordo
Ho poco più che vent’anni e ho iniziato a frequentare la Scuola Holden, si trova in una città che ancora non conosco, l’aria è diversa da quella a cui sono abituata. La scuola si trova dentro un piccolo elegante palazzo liberty lontano dal centro, la metro a Torino ancora non esiste e ogni anno passano il test di ammissione solo una trentina di studenti.
Quando penso alla Holden mi sento grata per aver avuto l’opportunità in anni giovani di dedicare tante ore alla scrittura e alla lettura con una serietà che non avevo ancora contemplato; eppure, se scavo nella memoria, c’è un ricordo di quel biennio che più di ogni altro si è fatto incancellabile.
In cattedra seduto in penombra c’è uno degli insegnanti della classe di Romanzo e Racconto, parla di scrittura maschile e scrittura femminile e ci dice: «c’è qualcosa di troppo invadente ed eccessivo nella scrittura delle donne, quell’andar dritto alle emozioni mi ritrae, mi spaventa».
Adesso lo so, quelle dichiarazioni hanno rappresentato una sorta di battesimo del fuoco, al tempo non possedevo gli strumenti che oggi sento di aver conquistato.
Quella frase mi fa scattare qualcosa dentro, mi sento offesa, sbuffo e rido allo stesso tempo, lo facciamo tutte. Mentre i nostri compagni ridacchiano, io ed alcune compagne prendiamo le misure con un sentimento sconosciuto alle femmine della mia generazione: la rabbia. Non ci hanno insegnato ad arrabbiarci, la rabbia non fa parte dell’educazione sentimentale delle bambine. La prima cosa che facciamo è istintiva: ci rivolgiamo ad un’altra donna, così troviamo comprensione nelle parole di un’altra insegnante-scrittrice, furiosa e incredula come noi per l’uscita del collega. L’accaduto ha tutti gli elementi per far scattare una sommossa popolare tra le pareti del palazzo liberty di corso Dante, ma non succede, non è il momento giusto, l’anno giusto, forse non abbiamo le energie per farlo. Pian piano l’accaduto perde mordente; c’è qualcosa che viene prima: i test da superare, l’inverno torinese e la neve, le esperienze da vivere, le feste, gli amori e le amicizie, le lezioni. Di quell’evento gradualmente ci dimentichiamo. Pur senza dimenticarcene mai.
Alle donne, per una sorta di riflesso condizionato della cultura, viene ancora assegnato il balcone da cui contemplano la vita che passa per poi raccontarla con parole immancabilmente tremule (…) Il luogo comune è duro a morire: le donne emozionano, le donne dilettano; gli uomini invece insegnano dalle cattedre che davvero contano come, con parole virili e virilissimi fatti, si plasma e si riplasma il mondo.
(Elena Ferrante, L’invenzione occasionale)
Per fortuna ad un certo punto della mia vita ho incontrato le parole di Goliarda Sapienza. Costruzione, capacità di ricucirsi, di ripartire da noi stesse, cercando di trarre il vero da dentro, ascolto della voce interiore come unico approccio alla libertà. Tutte queste conquiste hanno fatto di me ciò che sono, hanno contribuito a creare il mio personale bagaglio conoscitivo e dentro ci sono (per fortuna) tante cose da femmine. Perché la nostra voce non è un capriccio, una civetteria, una cosa dilettevole, è un vero e proprio strumento di libertà. Ecco una cosa che ho imparato da quando ho cominciato a muovermi in un mondo pensato per gli uomini: se l’istinto ci dice che dovremmo arrabbiarci, non stiamo sbagliando. Impariamo ad ascoltare la nostra rabbia.
Quella è stata la prima volta che qualcuno di cui mi fidavo, sminuiva il mio modo di scrivere in quanto appartenente ad una categoria, ad un genere. Mi piacerebbe poter dire che rimase un caso isolato, in realtà azioni come queste accadono di continuo. La mia difesa è stata allenare lo sguardo per leggere ed entrare nelle storie delle altre donne e riporre fiducia nelle mie maestre.
Le donne – come tu sai – sono il mio pianeta e la mia ricerca, il mio unico “partito” e, forse, oltre all’amicizia, il mio unico scopo nella vita.
(Goliarda Sapienza, lettera ad Enzo Siciliano)
La scintilla
Ti consiglio di cercare su RaiPlay i contenuti dedicati a Goliarda Sapienza, alla fine della visione sembra di conoscerla davvero perché attraverso le parole della stessa scrittrice ci immergiamo nel suo passato, nella sua interiorità. Sono riuscita davvero a vederla alle prese con la grande opera della sua vita e ad immaginarla bambina.
Da qualche tempo è approdata su Substack la newsletter di
e vi consiglio di iscrivervi. L’ultima puntata che ha pubblicato si chiama L’Universum che costruiamo e la sento particolarmente connessa al ricordo di cui ho parlato oggi.Sto guardando su Netflix un drama coreano molto sentimentale ed ironico, per certi versi è la versione coreana dei film americani dove la protagonista si sposta dalla grande città al piccolo centro in cerca di qualcosa di nuovo.
Si chiama Hometown Cha-Cha-Cha e la cosa che sto apprezzando di più è la commistione di toni, si passa da momenti lenti ed evocativi a scene buffe e teatrali per approdare ad un nodo riflessivo che serve a mostrarci la lotta interiore della protagonista e degli altri personaggi.
Sono Serena Blasi, lavoro con le parole e con i ricordi. Studio e ricerco storie di figlie e di madri nella letteratura, nei film e nelle serie tv e creo percorsi di lettura per scoprire e tradurre le voci delle donne.
Una figlia per amica è una newsletter gratuita che richiede però molto lavoro, se ti va puoi offrirmi un cappuccino o ciò che più ti piace: il mio cuore ricco di citazioni ti sarà riconoscente.
Un grazie pieno di affetto ad Alice Fadda per le splendide illustrazioni.
Ecco che cosa era: non era mai stata sola in una casa vuota, libera di andare e venire a suo piacimento. Ecco cos’era quella paura che per poco non aveva scambiato per nostalgia di Beatrice e perfino di Argentovivo. No, non le rimpiangeva, rimpiangeva solo un modo di vita così a lungo impresso nelle sue emozioni, che non poteva mutare da un’ora all’altra. Doveva accettare quella paura, e pian piano abituarsi a quella solitudine che ormai, era chiaro, portava con sé la parola libertà.
(Goliarda Sapienza, L’arte della gioia)
La solitudine che contiene la libertà <3
Pure quella che mi sono finalmente ritagliata oggi per dedicarmi alle mie cose, e a te, qui.