Scrivere è terapeutico proprio per la sua capacità di connettere: i fatti con le emozioni; il presente con il passato; il sé con gli altri, con i lettori reali e immaginari. È un puzzle che si ricompone e alla fine il soggetto è di nuovo integrato e in relazione. Scrivere dunque è modificarsi. Un po' come succede nel percorso terapeutico, dove ci accorgiamo di non essere più gli stessi e non è necessario aspettare la fine per sentirsi cambiati.
(Claudia Masia, Scrivere di se stessi)
Con una carissima amica che per lavoro fa la psicoterapeuta, parlo spesso del valore terapeutico della letteratura; i romanzi salvano più dei manuali e questo perché per crescere (e guarire) abbiamo bisogno di identificarci.
Da bambina i libri erano rifugi e amici fidati, adesso mi aiutano a progettare mondi che vorrei abitare. Leggere e scrivere, partendo dall'osservazione di me stessa, per me è sempre stato istintivo e ho affinato questa pratica attraverso un lungo percorso di psicoterapia. I lavori che guardo con maggiore ammirazione sono quelli delle persone che riescono ad esprimere, attraverso l’arte, il proprio percorso interiore, difficoltà e cadute comprese. Una di queste artiste è Valentina Merzi, illustratrice che vive a Venezia e da poco ha inaugurato un nuovo progetto che si chiama Studio Foreste.
Ogni anno, Valentina crea dei calendari tematici con le sue splendide illustrazioni, per il 2024 ha scelto di illustrare alcune sue memorie connettendo i pensieri della sé bambina alle consapevolezze della Valentina adulta. Ecco come ha presentato il progetto del suo calendario 2024 “Costruire con lentezza”: Mi è sempre interessato quel limite sottile e apparentemente infinito tra infanzia ed età adulta, mi sembra che sia l'abisso temporale dal quale continuiamo a ripescare, volontariamente o meno, desideri, dolori, abbandoni, folgorazioni.
Cara Valentina, il calendario di quest'anno è magnetico; credo che tu sia riuscita a far dialogare il mondo dell'infanzia e il mondo dell'età adulta. Quando hai cominciato a lavorare con le tue memorie? E oggi come guardi la tua bambina interiore? È amica della Valentina adulta?
«I ricordi e le memorie, il meccanismo per il quale alcuni eventi, immagini, odori si fissano indelebilmente e si riattivano a distanza di anni mi ha sempre affascinato. Avendo lavorato per molto tempo con la fotografia è stato inevitabile chiedermi quanto le immagini che produciamo o di cui fruiamo influiscano sulla selezione che facciamo del nostro passato. Di alcuni momenti, molto lontani nel tempo, sono convinta di ricordare dei particolari che in realtà ho visto solo negli album fotografici della mia infanzia. Di altri, che erano stati immortalati su delle diapositive che ad un certo punto abbiamo smesso di proiettare sul muro del soggiorno (ma perché poi? Istituiamo delle serate a tema di visioni e racconti scanditi dal click del telecomando! Inceppiamo i proiettori! Annoiamoci con i ricordi delle vacanze altrui a Rosolina mare!) non ricordo nulla.
Su questo tema ho portato avanti a lungo una ricerca intitolata “Io non ero qui”, un’operazione di rielaborazione fotografica che diventa rielaborazione della mente: il modo in cui creiamo dei ricordi fittizi, non solo confinati nel passato ma anche come immaginari in presenza.
"Confabulation" è il termine inglese con il quale si individua questo processo, la creazione di false memorie, per lo più inconscia, proprio come "affabulazione" è dare forma di favola, sviluppare in un intreccio o in un'azione scenica.
In questi ultimi anni il tema principale della mia ricerca è stato il rapporto tra memoria collettiva, privata e la loro rappresentazione visiva. Quando si parla di Memoria, di Storia, l'interesse è al dato, all'accaduto condiviso, al reale.
Ma quello che mi ha sempre affascinato veramente è il momento in cui l'Evento entra nella quotidianità e nella vita piccola di ognuno, come ogni schema interpretativo diventi immediatamente inadeguato, come si sopravviva ad un esterno che non si può evitare e che non si riesce a fare proprio.
Sono stata sempre una grande narratrice di autobiografie e ho dato il mio meglio nei momenti in cui quello che c'era attorno diventava talmente indecifrabile da generare immaginari salvifici più credibili del dato di realtà, un'utopia visiva di sopravvivenza.
Questa ricerca è continuata poi con un altro mezzo, quello dell’illustrazione, in maniera ancora più naturale: nel processo di creazione di immagini pesco quotidianamente - a volte in modo conscio, molto spesso no - dai miei ricordi e soprattutto dalla mia infanzia.
Per molto tempo proprio l’infanzia è stata un luogo complesso al quale tornare: ho avuto sempre un’incredibile voglia di crescere, di mettere distanza tra me e quella bambina malinconica e fuori posto che non mi piaceva essere. Da piccola avevo paura di molte cose: di farmi male e quindi evitavo i giochi che mi sembravano troppo fisici e pericolosi, di essere strana, perché mi piacevano delle attività che non riuscivo a condividere con i miei coetanei, di restare per sempre sola.
Poi ci sono stati gli anni di terapia e l’infanzia è diventata un racconto a cui dare anche sensi diversi, ho iniziato a provare molta tenerezza per quella bambina, la sento quando ritrovo in me la stessa gioia che provavo allora nello stare un giorno intero distesa a leggere, quando compro dei colori nuovi e rivivo il meraviglioso compleanno in cui ho ricevuto una scatola da 120 matite acquerellabili, quando dopo aver trascorso delle ore in compagnia ho bisogno di stare da sola in silenzio per ore. Ora mi commuove un po’ pensare che quello che sono era già tutto là, che in fondo essere così andava bene, va bene.
A volte mi stupisco di certa creatività senza giudizio che ritrovo nelle cose che scrivevo, disegnavo e inventavo da piccola, cerco di imparare di nuovo la libertà e la sospensione dell’incredulità. Cerco di mettere nel lavoro di oggi la stessa serietà con la quale a nove anni gestivo la mia agenzia di spie.»
Le creature che disegni mi fanno pensare al filo che dall'infanzia conduce alla mitologia (e viceversa), forse per questo le sento affini. Amo in particolar modo le tue sirene, quando hai cominciato a disegnarle e a subirne il fascino?
Da un punto di vista teorico, le entità acquatiche impongono di mettere in discussione la dicotomia natura-cultura e di preferire approcci antropologici inclusivi che pensino la realtà come abitata da una pluralità di umani e non umani posti su un piano di simmetria.
(Alessandra Brivio, Serpenti, sirene e sacerdotesse, Viella, 2023)
«Uno dei miei migliori amici da piccola era il videoregistratore. Amavo soprattutto il tasto PAUSA, grazie al quale potevo fermare i miei cartoni animati preferiti e disegnarne ambientazioni e personaggi. Con la cassetta della Sirenetta, che è stato anche il primo film visto al cinema nel 1990, l’ho fatto moltissime volte, bloccando un fotogramma più a lungo possibile, fino al momento in cui l’immagine spariva, sciogliendosi in quelle righe tremolanti di nebbia grigia che solo chi ha consumato delle VHS conosce. Ero affascinata da Ariel, mi piaceva che fosse una creatura curiosa, che volesse allontanarsi da quello che era rassicurante, dal suo ambiente naturale per scoprire il mondo. Adoravo che accumulasse carabattole come tesori nel suo museo privato, mi emozionava che fosse pronta a barattare qualcosa di prezioso per la libertà di esplorare, di decidere della sua vita.
Mi è sempre piaciuto il mare, mi sento incredibilmente a mio agio in acqua, quando sono in ansia o non riesco a dormire immagino fondali oceanici e mi calmo, proprio come mi succede quando nuoto, ma potevo capire profondamente la smania di Ariel di uscirne per vedere altro, per mettersi alla prova.
Quello con la versione animata Disney è stato il primo contatto che io ricordi con le sirene, poi ne ho letto la versione di Andersen e presto mi sono appassionata di mitologia, restituendo a queste creature una tridimensionalità fatta di fascino e inquietudine. La sirena ha cominciato ad essere il mio spirito guida, la mia creatura totemica, l’ho disegnata in moltissime versioni e l’ho scelta come simbolo per la mia immagine online, in un ritratto in cui sono metà umana e metà sirena.
Vorrei regalarvi dei consigli di lettura a tema, dallo scaffale della mia libreria dedicato interamente alle sirene:
Alessandra Brivio, Serpenti, sirene e sacerdotesse, Viella, 2023
Anna Claybourne, Miren Asiain Lora, Atlante delle sirene. Mappe e storie di incantatrici dal mare, Magazzini Salani, 2020
Agnese Grieco, Atlante delle sirene. Viaggio sentimentale tra le creature che ci incantano da millenni, il Saggiatore, 2017
Laura Pugno, Sirene, Marsilio, 2022
Serenella Quarello, Fabiana Bocchi, Guida alla scoperta delle sirene, Edizioni NPE, 2023
Marigiorgia Ulbar, Lighea, Elliot, 2018»
Scavando tra le memorie è impossibile non calarsi nei luoghi fisici che abbiamo abitato, le case che per noi hanno significato qualcosa. Ti va di raccontarci una casa appartenuta alla tua infanzia?
«Le case sono un altro dei soggetti che tornano spesso nelle mie illustrazioni, nel 2022 ho dedicato i mesi del calendario “There’s no place like home” a 12 (e la selezione è stata ardua) case della letteratura che avrei tanto voluto abitare, da quella delle sorelle March a Villa Villacolle di Pippi Calzelunghe.
La casa a cui penso più spesso con affetto è quella dei miei nonni paterni, dove ho passato molto tempo crescendo: è circondata da un giardino, un piccolo campo di ulivi e un orto con alcune vigne.
Quando ero piccola, ad ogni primavera, mio nonno appendeva un’altalena al grande ciliegio vicino al “casotto” che una volta ospitava galline e conigli e poi i suoi attrezzi. Credo di aver speso molte ore a spingermi verso l’alto, a contare foglie e frutti, immaginando che l’altalena portasse a una casa sull’albero dove avrei potuto trasferirmi, proprio come quella del libro di Bianca Pitzorno.
Le case sono per me luogo di memoria a più livelli, non solo come sfondo e scenografia dei nostri ricordi ma anche come protagoniste, custodi di esistenze che continuano a testimoniare ben oltre la fine delle vite di chi le ha abitate. Quando i miei nonni hanno smesso di vivere in quella casa per me così simbolica ho passato mesi a fotografarla, ho scattato polaroid a tazzine, centrini, lampadari, piastrelle e copriletti e poi ne ho fatto un piccolo libro in tiratura limitata che si chiama “Casa senza nonna”».
Il nostro appuntamento con Taglia e cuci torna a giugno, se ti va di chiacchierare con me, se hai una storia da raccontarmi e senti affinità con i temi che propongo, puoi scrivermi una mail.
E ora una notizia scintillante, l’11 giugno avrò il piacere di condurre un evento nel mio luogo romano del cuore: Libreria Foglioline. La scrittrice Nadia Terranova e l’illustratrice Mariachiara Di Giorgio incontreranno lettrici e lettori di tutte le età per raccontare il romanzo Scintilla.
(Evento gratuito - prenotazione obbligatoria, cell/whatsapp 375.6160069).Ti piace scrivere? Caro Bosco è una masterclass in scrittura creativa che si terrà dal 2 al 7 luglio a Ceresole Reale. Ci saranno escursioni (anche notturne) e tanta scrittura! (Tra l’altro c’è uno sconto per chi si iscrive entro oggi - 10 maggio). La masterclass la tiene una persona a me molto cara nonché bravissima insegnante: Madame Mariella Martucci. Scopri tutto qui: Compagni di viaggio.
Sono Serena Blasi, lavoro con le parole e con i ricordi. Studio e ricerco storie di figlie e di madri nella letteratura, nei film e nelle serie tv e creo percorsi di lettura per scoprire e tradurre le voci delle donne.
Una figlia per amica è una newsletter gratuita che richiede però molto lavoro, se ti va puoi offrirmi un cappuccino o ciò che più ti piace: il mio cuore ricco di citazioni ti sarà riconoscente.
Un grazie pieno di affetto ad Alice Fadda per le splendide illustrazioni.
Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno solo, in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi.
(Alice Munro)
Essendo profondamente attratto dalle creature anfibie, questa puntata con digressione sirenica è stata un bellissimo regalo. Grazie Serena e Valentina! E che bello l'evento dell'11 giugno!
Che meravigliosa Persefone e quanto sono sempre d'accordo con Valentina: sì al cineforum diapositive! Sì ai racconti delle vacanze! Se torni e non mi porti neanche un racconto che mi svolti una serata ci spostiamo a fare!